IL BRASILE NON GIOCA PIU’

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“Se a tarifa nao baixar a cidade vai parar”. Il Brasile è deciso a non piegarsi. Le manifestazioni spontanee di protesta si sono diffuse in tutto il paese a macchia d’olio da ormai due settimane  e decine di migliaia di persone hanno occupato diverse città. A São Paulo si sono riversate 65 mila persone mentre nella notte del 18 giugno, 100 mila manifestanti hanno invaso Rio de Janeiro. Un fiume umano che non ha intenzione di fermarsi. Ma quello che sta succedendo in Brasile ha origini ben più profonde della protesta per il rincaro dei biglietti della metropolitana e autobus, il cui costo è passato da 3,00 a 3,20 Reais (1,12 euro, che a parità di potere di acquisto equivalgono a circa 3,2 euro).

Molti amici mi chiedono cosa stia succedendo. Dopotutto del Brasile si è sempre sentito parlare come di una nazione in forte crescita, in una situazione di sostanziale pace sociale.L’eterna promessa brasiliana non doveva finalmente compiersi? La situazione non era migliorata con la pioggia di investimenti esteri, la diminuzione della disoccupazione e il contenimento dell’inflazione? E ora cosa succede?

Ciò che ha fatto smuovere l’orgoglio nazionale del popolo brasiliano è in realtà rappresentato da una pluralità di ragioni. Riconducibili alla1003107_500782253321363_1661551500_n corruzione dilagante, alla mala politica, Dilma Roussef, ai costi lievitati per i Mondiali di Calcio 2014 (si stima che arriveranno a 15 miliardi di dollari) ed alla cattiva gestione delle risorse pubbliche.
Cosicchè nel brodo della protesta hanno trovato spazio varie componenti, finanche frange violente. Che peraltro hanno di fatto legittimato gli atti di dura repressione della polizia militare brasiliana. Atti che hanno colpito anche i giornalisti.

Il rincaro dei prezzi dei trasporti sono stati dunque la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Una goccia sostanziosa, però. Io ho fatto due conti. Considerando che ogni giorno, nella sola città di São Paulo, sono 4,5 milioni le persone che utilizzano la metropolitana e che altre 6 milioni prendono gli autobus, per la sola metro il rincaro porterebbe ogni anno alle casse dello stato  234.036.000,00 milioni di Reais. Che, sommati ad altri 312.048.000,00 milioni provenienti dai ricavi  dei biglietti degli autobus genererebbero un gruzzoletto di tutto rispetto.

1005072_528863260503263_234129916_nEd i brasiliani non ci stanno più. Il sistema dei trasporti non funziona, sta collassando per il sovraffollamento delle metropolitane e degli autobus. Mancano le strade ed un sistema ferroviario funzionante.  Anche il trasporto aereo e quello marittimo sono in panne. Il Brasile è un paese grande, grandissimo. Gli spostamenti all’interno della stessa città di Rio o São Paulo equivalgono, in termini di tempo, agli spostamenti tra una città e l’altra nella nostra penisola. Recife e Porto Alegre, ad esempio, sono più distanti che Parigi e Mosca.  Recife e Porto Alegre, ad esempio, sono più distanti che Parigi e Mosca. E la gente non ne vuole sapere di dover risolvere anche il problema degli spostamenti di chi andrà ad assistere ai giochi. Vuole poter andare da casa al lavoro. Tutti i giorni.

E’ pur vero che il Brasile ha risolto molti problemi, mettendo sotto controllo  l’iperinflazione, generando impiego e rendita. Basando, forse troppo, il modello di sviluppo su un forte consumismo. Ma è proprio per questo che ora vengono a galla altre questioni strutturali molto gravi: servizi pubblici, trasporti, educazione, salute, sicurezza, tanto per citarne alcuni. Su alcuni striscioni dei cortei si legge: “Non vogliamo gli smartphone, vogliamo una rete idrica che funzioni!” Un paese evoluto non è quello dove i poveri hanno la macchina, ma quello dove i ricchi utilizzano il trasporto pubblico. Ed eccolo il paradosso brasiliano, guidato nelle ultime tre presidenze da forze di sinistra che hanno da sempre sbandierato l’importanza dello stato sociale.

Dunque le manifestazioni hanno come sottobosco la trasformazione della società e delle città. Che sono sempre meno vivibili, sature, colme all’inverossimile di macchine e caos. Interventi immobiliari figli del benessere spuntano come funghi infestanti, e i poveri sono inevitabilmente rimossi dai centri che assumono così la funzione di “bella facciata”. La gente non sente più proprie le città, e in questo senso di poca appartenenza cresce la protesta e, scusate il gioco di parole, viene offerto il pretesto per “spaccare tutto”. I cittadini che non hanno mai dialogato con la metropoli per affrontare i veri problemi del vivere quotidiano si calano col paracadute nella rivolta, così come tante fazioni e orientamenti che non hanno come obiettivo primario la protesta contro il rincaro dei biglietti.

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E in tutto ciò si inserisce il calcio. Sono i soliti brasiliani che mettono il pallone sempre di mezzo? L’adorato sport nazionale sta fungendo da detonatore finale? Ebbene sì. Perché l’organizzazione brasiliana di questi megaeventi sportivi sta fungendo da catalizzatore del processo di esclusione violenta in atto nelle grandi città. La “pulizia sociale” allontana i poveri dal dialogo e le misure autoritarie che sta prendendo il governo ledono la libertà del popolo.  Si pensi che al Senato è in discussione la proposta di legge per definire i “crimini e le infrazioni amministrative che possano influire sulla sicurezza durante la Confederation’s Cup 2013 e i Mondiali di Calcio 2014”, che includerebbe “limitazioni al diritto di manifestare”. Tutto ciò naturalmente al fine di non turbare l’evento degli eventi. E dunque la gente protesta anche per il diritto alla protesta.

La notizia di oggi è quella della revoca del rincaro dei biglietti di metro ed autobus  a Rio de Janeiro e São Paulo. La nuovaRio-de-Janeiro-17-giugno_gal_autore_12_col_portrait_sh tariffa di R$ 3,00 entrerà in vigore dal prossimo lunedì 24 giungo. La decisione è stata annunciata ieri dal governatore Geraldo Alckmin e dal prefetto di São Paulo Fernando Haddad. Dopo questo annuncio, Caio Martins, uno degli esponenti del Movimento Passe Livre ha detto: “ Il governo ha ceduto e siamo riusciti a raggiungere l’obiettivo. Oggi erano previste comunque altre manifestazioni e noi torneremo in piazza, per appoggiare le altre città  che ancora non sono state ascoltate. Anche per solidarietà nei confronti dei giovani e dei giornalisti che sono stati arrestati e che si trovano ora sotto processo. Ma soprattutto per non fermare la lotta. Vogliamo transparenza sui contratti del transporto collettivo, che lo stesso Ministero considera una “cassa oscura”. Il nostro obiettivo è raccogliere 500 mila firme per un progetto di iniziativa popolare  che porti a garantire i trasporti gratis per buona parte della popolazione. E il diritto di accesso alle grandi città sopratutto per quelli più poveri, che vivono nelle periferie e devono raggiungere ogni giorno le scuole, gli ospedali e il proprio posto di lavoro.”

Il popolo brasiliano sceso in piazza alla fine un risultato lo sta portando a casa. Forse la sua partita l’ha già vinta. Mi viene tristemente da pensare che noi siamo qui  a farci le pippe su Grillo, sulle escort, sulle ragnatele della politica. Siamo spremuti dalla crisi, senza più soldi, lavoro, diritti e democrazia. Ma rimaniamo muti e rinunciamo alla protesta. E a casa non portiamo nessun risultato, mai. Solo sempre più rassegnazione.

 

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