Anche nella disabilità il diritto al sesso è solo maschio

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Parlare di “sesso” nel nostro paese equivale il più delle volte a banalizzarne il significato. La parola sesso evoca soprattutto nella sfera maschile due generi di pensieri, figli di una mentalità bigotta fortemente radicata nella nostra società fallocentrica.  Il primo, frutto di condizionamenti sociali e culturali, riconduce il sesso ad una soddisfazione “meccanica” di un proprio istinto. Il secondo, anche conseguenza del primo, che spacca (e vuole) l’universo femminile in due categorie: una formata da donne “rispettabili” che vivono una sessualità “normale” o tale in apparenza,e l’altra costituita da donne l”libertine” e per questo considerate “troie”. Dalle nostre parti trattare argomenti che toccano il sesso è ancora più complicato quando si parla della sessualità di un disabile.

Alcuni giorni fa ho letto con molto interesse la notizia della madre di un ragazzo disabile che ha deciso di ricorrere ad una prostituta per soddisfare le normali pulsioni sessuali di suo figlio. La prostituta ha accettato di fare sesso con il figlio, chiedendo una cifra che si aggira attorno ai 500 euro a incontro. Una cifra insostenibile per la donna. Dai qui la sua provocatoria richiesta, resa pubblica, di riaprire le case chiuse in Italia. “Penso sia fondamentale riaprire le case chiuse, magari organizzate in modo diverso ma sicure e con prezzi controllati”, ha detto la mamma del ragazzo

Dopodiché nel web si è scatenato un putiferio. Certo, l’argomento è delicato, ma la donna, mettendo in piazza il proprio problema, ha fatto comunque emergere un tema importante, di cui in Italia non ci si azzarda a discutere: quello del diritto, anche per i disabili, ad avere una propria “vita” sessuale. Che in paesi più civili del nostro viene garantita attraverso l’assistente sessuale.

L’assistente sessuale è una figura formata, debitamente preparata – e per questo riconosciuta da sistemi sanitari di altre nazioni – , che permette alle persone disabili non in grado di interagire fisicamente col proprio corpo o con un partner consenziente di vedere soddisfatto il proprio istinto sessuale. E ciò avviene attraverso l’esplorazione manuale, l’accarezzamento e il massaggio.

In Italia l’assistenza sessuale verrebbe ascritta all’acquisto di una prestazione sessuale e dunque sarebbe una pratica illegale. Anche per superare un quadro normativo assurdo, Maximiliano Ulivieri – 39 anni, affetto da distrofia muscolare fin da piccolo e ideatore del progetto “Diversamente Agibile” – ha promosso una petizione per legalizzare l’assistenza sessualeChe sembra un miraggio davvero lontano, in un paese come il nostro, carente com’è di infrastrutture a favore dei disabili. Ma soprattutto di quell’attenzione di fondo che è in primo luogo un atto di civiltà nei confronti di chi ha più bisogno. “Abbiamo cose più importanti da fare”, ha commentato qualcuno in calce al video linkato. Ciò a conferma del fatto che troppo spesso facciamo i conti con un diffuso atteggiamento, attraverso il quale si nega la rilevanza di temi come questo. Il che spiega pure come dell’assistenza sessuale ai disabili non si parli, se non in modo strumentale e l’argomento affiori solamente quando qualcuno urla forte. Come la mamma del ragazzo disabile. Ma di quell’urlo, ahimè, nemmeno l’eco sopravvive.

loveability-232x300E comunque, anche quando si apre il dibattito non solo in Italia, la sua impostazione è figlia di questa società, così fortemente imperniata sulle necessità del genere maschile. E quindi pare che il problema di come appagare le pulsioni sessuali dei disabili riguardi solo gli uomini. Da noi poi sarebbe inimmaginabile una discussione su come assistere sessualmente una donna disabile. Apriti cielo, in un paese dove il bigottismo è così stratificato, se parlassimo di uomini che soddisfano donne disabili! Cambierebbe anche il modo di definire l’assistente sessuale. Che da prostituta diverrebbe più gentilmente gigolo. Tutto ciò è triste e grave. Perché anche nella disabilità le donne rischiano di rimanere in un cono d’ombra ancora più irraggiungibile.

 

Una risposta a “Anche nella disabilità il diritto al sesso è solo maschio”

  1. Stante la mia perplessità sull’idea dell’assistenza sessuale, questo articolo coglie nel segno su diversi aspetti: in primis è vero che spesso il discorso dell’assistenza sessuale, gira che ti rigira, finisce spesso per essere inteso come assistenza al disabile maschio (anche il caso da Lei citato, “come la mamma del RAGAZZO disabile”).

    Disabile purtroppo può volere dire molte cose, da colui o colei che ha perso le braccia in un incidente ma è intellettualmente normodotato a colui o colei ha ritardi mentali gravi, con diversi livelli di consapevolezza e di aspettative, e con diverse necessità di assistenza, anche eventualmente sessuale. Dovremmo avere assistenti specializzate/i al “trattamento” di tipologie di disabili o ci aspettiamo che il/la professionista acquisisca l’empatia necessaria per approcciarsi in modo adeguato a chiunque come un medico?

    Se l’assistente sessuale opera nel campo della “stimolazione manuale” è materialmente più facile che un uomo possa trovare soddisfazione fisica rispetto a una donna, scusate se scendo in considerazioni prosaiche… per la gratificazione emotiva il discorso è ben più complesso e scarsamente investigato… anche tra i normodotati ci sono sensibilità diverse per il sesso erogato professionalmente, mi risulta.

    Quanto all’uso di parole come prostituta o gigolò, sono spesso gli estensori di articoli sulla materia (e i supporter di una malintesa idea di apertura di vedute) che spesso fanno confusione: da una parte si difende l’assistente sessuale come figura specialistica di sostegno psicofisico, dall’altra si invoca spesso la riapertura delle case chiuse… quindi come ce lo immaginiamo davvero questo/a “professionista”?

    Per il fatto dell “abbiamo di meglio da fare”, ammetto che una parte della mia perplessità su questo tema è di ordine economico, putroppo sono tempi duri che spingono al cinismo: in un periodo in cui le scuole elementari chiedono ai genitori sapone, carta igienica e pennarelli, in un Paese dove le barriere architettoniche abbondano, discutere di finanziare l’assistenza sessuale (formazione specifica + 500 euro a “trattamento”) può apparire un po’ prematuro…

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