Inquinamento luminoso, se il Governo spegne l’attenzione

 Inquinamento luminoso in Europa

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha deciso di proclamare il 2015 Anno Internazionale della Luce. E allora quale migliore occasione per discutere di un problema molto attuale come l’abuso di illuminazione urbana? Uno spreco enorme di risorse economiche e ambientali, che ha in sè un tema ancora sottovalutato e misconosciuto, come l’impatto dell’inquinamento luminoso sui viventi. Perchè il tema viene valutato su un piano squisitamente economico misurando i risparmi che derivano da un utilizzo più “intelligente” dell’energia. Tagliare la luce per tagliare la spesa: una equazione troppo semplicistica, sbandierata, spesso e volentieri senza nessuna cognizione di causa,  nelle arene politiche e dal nostro stesso Governo. Che invece di mettersi al tavolo con gli scienziati, preferisce fare proclami populisti e spegnere definitivamente la luce sull’Operazione cielo buio (che traeva ispirazione dai suggerimenti giunti al governo da due associazioni nazionali, Cielobuio e Light-is) già cancellata all’unanimità in commissione Bilancio della Camera nel 2012.

Giuseppe Camerini, PhD in Ecologia Sperimentale, ha raccolto le principali ricerche svolte nel mondo sugli effetti che la luce artificiale ha sugli esseri viventi, uomo incluso. Nella sua relazione “Impatto dell’illuminazione artificiale sugli organismi viventi“, è possibile leggere la rassegna  completa e aggiornata sugli effetti ecologici dell’inquinamento luminoso: “Gli organismi regolano i loro ritmi di attività principalmente sulla base della disponibilità quotidiana e stagionale di luce solare e dunque la sua influenza sugli orologi biologici è notevole. Malgrado questa considerazione sia sorretta da numerose evidenze sperimentali, per decenni si è dato per scontato che la continua e crescente immissione di luce artificiale nella parte più bassa della troposfera potesse essere impunemente tollerata dalle componenti biologiche, specie umana compresa. Non poche evidenze epidemiologiche documentano per altro danni alla salute umana, anche gravi, come un aumento dell’incidenza del tumore al seno e al colon (Chepesiuk, 2009). 

L’impatto ecologico, dunque, è un aspetto che rimane sempre in secondo piano; se ne parla di rado e chi lo fa corre il rischio di passare per un astrofilo romantico che pensa solo a contemplare le stelle. E’ pur vero che il primo allarme è venuto dal mondo dell’astronomia, con la denuncia di un crescente livello di inquinamento luminoso, che rende sempre meno agevole la visione notturna dei corpi celesti. Ma è proprio l’ignoranza e la mancanza di adeguata informazione a rendere questo il problema principe legato ad un eccessivo uso di luci nelle nostre città.

Pochi di noi, infatti, sanno che, ad esempio, l’aura luminosa delle aree metropolitane più estese assume dimensioni imponenti e può arrivare in casi estremi ad essere visibile anche per un raggio di 160 km dal centro della città.  Come quasi nessuno conosce i risultati di un monitoraggio degli effetti della luce diffusa a danno della barriera corallina, che ha evidenziato come le acque marine al largo del Porto Rico e ampie aree del Mar Rosso e del Golfo Arabo siano, allo stato attuale, soggette a danni gravi. Nemmeno la tartaruga “caretta caretta”, la specie più diffusa nel Mediterraneo, è al riparo dalla troppa luce. Infatti, quando schiudono le uova sulle spiagge, invece di andare verso il mare, si dirigono nell’entroterrra, attirate dalle luci della strada.

Il problema sta nel fatto che l’opinione pubblica, mal informata com’è, si è polarizzata attorno a due posizioni: da un lato “gli ambientalisti” senza se e senza ma e dall’altro coloro i quali, facendo leva sulla paura di un ritorno al medioevo per via dell’affievolimento delle luci, hanno a cuore solo la sicurezza pubblica. Poi c’è anche chi come il Ministro dei Beni culturali e del Turismo Dario Franceschini, pensando di mettere in luce la bellezza del nostro Paese, arriva ad utilizzare – forse per ingenuità, ma molto probabilmente per ignoranza – l’immagine simbolo dell’inquinamento luminoso per il sito istituzionale Verybello.it. 

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Fanno ampio riferimento esclusivamente alle prospettive di risparmio energetico e al taglio dei costi anche i documenti che illustrano il nuovo piano di illuminazione pubblica che renderà Milano la prima grande città italiana completamente illuminata a LedIl nuovo piano, presentato lo scorso 29 settembre, prevede che entro agosto tutti i punti luce presenti sul territorio comunale (oltre 140mila) saranno sostituiti con i Led. Diego Bonata, ingegnere aerospaziale, considerato uno dei massimi esperti italiani in materia di inquinamento luminoso e progettazione di impianti di illuminazione pubblica, sostiene che i Led rappresentino una soluzione puramente “politica” e di immagine. Secondo Bonata, uno degli elementi poco chiari di questa sostituzione riguarda proprio il colore delle lampade, di cui al momento non si conoscono tutti i dettagli.

A proposito di colore della luce e inquinamento, anche Fabio Falchi, esperto di inquinamento luminoso e presidente dell’associazione Cielo Buio, pur riconoscendo che il futuro della luce è potenzialmente dei LED, esprime la sua preoccupazione. Secondo Falchi c’è il rischio che il mercato ed una politica abbagliata dall’eldorado LED faccia prevalere gli interessi economici col fine di  trarre vantaggi nel business emergente. Perdendo di vista i  i difetti dei LED di oggi.

«Andando ad installare LED, si tratterà in ogni caso di luce bianca, quindi ad elevato contenuto di blu, la luce con maggiori effetti sull’uomo. Anche se la scelta dovesse ricadere su LED a 3000 K e non a 4000 K – puntualizza Falchi – si tratta comunque di dispositivi che, rispetto al sodio ad alta pressione, inquinano il triplo per quanto riguarda gli effetti sulla produzione di melatonina, addirittura il quadruplo per i LED a 4000K. Per non aumentare l’inquinamento della parte blu dovrebbero quindi prevedere livelli di illuminazione di un quarto rispetto agli attuali”, spiega Fabio Falchi.

Sarebbe dunque importante capire se con la scusa della sostituzione con lampade a Led, che comunque garantiscono un taglio della spesa pubblica del 31% l’anno a partire già dal 2016 e una riduzione dei consumi energetici superiore al 51%, non si vada ad aumentare i punti luce nelle città. Perchè nel progetto “Operazione cieli bui”, discusso senza alcun esito dalle Commissioni Ambiente e Bilancio della Camera dei Deputati, tra le misure proposte vi erano “lo spegnimento degli impianti di illuminazione pubblica extraurbani, lo spegnimento o l’affievolimento dell’illuminazione decorativa e di una parte dei complessivi punti luce stradali dopo le ore 23.00, la limitazione del consumo energetico attraverso l’applicazione delle norme della buona illuminotecnica (nel breve termine, mediante l’impiego di dispositivi di modulazione dei flussi luminosi e/o ottimizzazione degli impianti preesistenti; nel medio e lungo periodo, con l’incentivazione della posa in opera di impianti caratterizzati da sorgenti totalmente schermate verso l’alto, l’ottimizzazione delle interdistanze e delle potenze installate e la riduzione dei flussi coerentemente con il fabbisogno)”. Illuminare meglio non significa dunque sostituire apparecchi vecchi con quelli nuovi moltiplicando indiscriminatamente i pali.

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CieloBuio, da tempo impegnata proprio a combattere eccessi ed errori nel settore dell’illuminazione artificiale ha da tempo lanciato una petizione che vanta tra i firmatari l’astrofisica Margherita Hack e il climatologo Luca Mercalli, oltre a numerosi accademici ed esperti di astronomia, biologia ed ecologia comportamentale.

Per conoscere e sottoscrivere l’appelo.

Una risposta a “Inquinamento luminoso, se il Governo spegne l’attenzione”

  1. Mi pare un’ottima angolatura da cui prendere le mosse per trattare e discutere su un tema rispetto al quale, come giustamente sostieni, c’è proprio poca conoscenza. Vedremo poi nella nostra città cosa produrrà il piano di Pisapia!

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