L’evasione cinematografica di El Chapo, re dei narcos messicani.

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Una Contronotizia come questa, se siete amanti del genere “Fuga da Alcatraz”, o dei Dalton, fa il caso vostro. Arriva fresca dal Messico, terra ricca di cronaca, ahimè, molto nera. Anzi, nerissima. Tuttavia questa notizia  ha un sapore se non altro più romantico della solita carneficina che si legge nei titoli dei quotidiani locali.

Joaquin Guzmán Loera, detto El Chapo, uno dei più potenti narcotrafficanti del Messico, è riuscito a fuggire dal carcere di massima sicurezza dove si trovava, a El Altiplano. Lo ha fatto in tutta tranquillità, attraverso un tunnel ben illuminato e confortevole, lungo 1500 metri.

Tutto comincia circa un anno fa, quando gli uomini di El Chapo riescono ad ottenere, attraverso un ufficio di progettazione fittizio, le planimetrie  del carcere. Per realizzare quest’impresa sono stati rimossi circa 3.250 tonnellate di terra. E il bello è che i complici hanno inscenato dei lavori pubblici, distanti appunto 1500 metri. E’ bastato un capannone, da dove partiva il tunnel,  perfettamente visibile dalle torri di controllo del carcere, per nascondere i lavori. Non se ne è accorto mai nessuno.

Per portare via la terra sono stati utilizzati dei carrelli su binari e una moto. Una volta fuori dal tunnel  la terra  veniva sistemata dentro una cantina, dalla quale partivano i camion. E così sono stati portati via decine di migliaia di sacchi pieni.

Durante tutto questo tempo, gli ingegneri del cartello, aiutati dalle planimetrie precise, hanno deviato per ben due volte il tracciato del tunnel onde evitare di sbucare in zone a rischio, tipo che so, l’ufficio del direttore. Alla fine, però, sono riusciti a a raggiungere la zona sottostante la doccia del prigioniero numero 3.578. Lavoro concluso alla grande.

Il 12 luglio, verso le 20:52 , El Chapo è andato nella zona docce – zona senza molti controlli- , ha alzato una botola e ci si è infilato. Alla fine del tunnel ha trovato abiti civili, una motocicletta ed è partito nuovamente verso la clandestinità.

Certo è che da un prigioniero di quel calibro, conosciuto peraltro con il soprannome di “re dei tunnel” grazie ai vari tunnel che ha scavato negli anni, in barba alla polizia di frontiera, per portare la droga fuori dal suo paese, non si poteva sperare che si desse alla fuga volando…

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