Lo zampino cinese nella geopolitica del Canale del Nicaragua

Il 3 luglio del 2012 il Congresso del Nicaragua ha approvato un disegno di legge per la costruzione di un canale che unisca l’Oceano Pacifico con quello AtlanticoCosto dell’operazione, 30.000 milioni di dollari. Scopo, assorbire il 4% del traffico marittimo mondiale per diventare un’alternativa al Canale di Panama – che ne assorbe ad oggi il 3% – e  sferrare in questo modo un colpo secco al monopolio di Panama (e degli USA).

Il canale di Panama, peraltro, è sovraccarico: lungo 81,6 chilometri,  permette il passaggio solo di navi con una stazza che non sia superiore a 60 mila tonnellate. Il canale di Nicaragua, invece, sarà lungo circa 284 chilometri e largo 60 metri, per una profondità di 22 metri. A differenza del cugino panamense, potrà essere percorso da navi di oltre 250 mila tonnellate.

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La via d’acqua in Nicaragua rivoluzionerebbe il trasporto e il commercio mondiale. Panama potrebbe essere relegata così ad un ruolo di secondo piano. Inoltre, rispetto al canale di Panama, quello nicaraguense accorcerebbe la distanza via mare tra New York e San Francisco di 805 km. Anche gli effetti sull’economia del paese potrebbero essere interessanti. Secondo le stime della Fundacion Gran Canal de Nicaragua, l’operatività del canale farebbe balzare il Pil da 8 a 20 miliardi di dollari. Gli occupati nella costruzione sarebbero ben 40 mila, 200 mila nell’indotto. Una volta funzionante, potrebbe garantire tra i 5 e i 10 mila nuovi posti di lavoro. Non male per un paese che piange miseria. Per ora il maxi-progetto ha garantito negli ultimi anni soprattutto una buona propaganda politica. Daniel Ortega ha vinto le elezione nel 2006 “navigando” l’idea del riscatto da un futuro di eterna fame. E l’attuale presidente del Nicaragua, Enrique Bolaños ne fa un cavallo di battaglia. E di trionfo.

Va detto che il Nicaragua è il secondo paese più povero dell’America Centrale, alle spalle di Haiti. Circa il 46% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, il 17% vive in estrema povertà. Di tutta la popolazione, più del 50% ha meno di diciotto anni.  Il Nicaragua è devastato da frequenti uragani, scosso da terremoti, nonché vittima di una deforestazione che ne ha notevolmente impoverito il suolo. Schiacciato sotto il peso di un debito estero enorme, il Nicaragua tuttavia vanta un tasso di disoccupazione di poco inferiore all’8%.  Le cause principali, ereditate da quasi mezzo secolo di governo sconsiderato e corrotto, sono la carenza di infrastrutture e la mancanza di investimenti. Il Nicaragua è un paese fragile e poco stabile, dove le regole del gioco solitamente cambiano a seconda del colore del governo di turno.

Si calcola che la costruzione del canale durerà dieci anni. I finanziamenti arriverebbero da un consorzio, costituito al 49% da una serie di paesi (Brasile, Venezuela, Cina, Russia, Corea del Sud e Giappone) e il cui restante 51%, rimarrebbe in capo al Nicaragua.

Negli ultimi anni, però, si sono cercate molte alternative a quella del canale in Nicaragua. La più seria e fattibile, prevederebbe  la costruzione di una linea ferroviaria capace di unire un porto del Pacifico nel nord della Colombia con un altro porto, entrambi nel golfo di Uraba, tra Panama e Colombia. Questo “canal seco” costerebbe 7.600 milioni di dollari e sarebbe finanziata dal governo cinese. E rappresenterebbe così una bella spinta all’esportazione dei manufatti cinesi in tutto il continente.

proposta ferrovia
proposta ferrovia

Anche l’Ecuador propone una via asciutta, “più veloce ed economica”, come ha detto l’anno scorso il ministro Santiago Leon in Cina. Il progetto consiste nell’unire il porto di Manta con l’Atlantico e il Caribe attraverso un sistema articolato di strade e vie fluviali. Dal canto suoPanama è corsa ai ripari per non perdere  l’avamposto: dal 2007 sono in corso i lavori di ampliamento del canale per permettere il passaggio di navi più grandi.

Si tratta di un progetto faraonico (dove partecipa anche Impregilo) inteso a consentire, in dieci ore, il transito delle navi post-Panamax, con un massimo di 399 mt di lunghezza e 49 di larghezza, provenienti dall’Estremo Oriente e dirette verso la costa atlantica degli Stati Uniti e l’Europa. Costo dell’operazione,  5.2 miliardi di dollari. Un progetto che risponde tuttavia alle esigenze sempre più crescenti del commercio internazionale.

La Cina, che già controlla il porto di Balboa sul Pacifico e uno de tre porti della Zona Franca di Colon (ZLC), sembrerebbe essere il paese più pronto a realizzare investimenti cospicui nell’opera. Ciò, evidentemente, al fine di massimizzare gli scambi commerciali.

Il cambiamento nelle rotte commerciali, siano esse asciutte o navigabili,  sarà nell’interesse finanziario del settore dei trasporti. 2847-300x197Resta da vedere quale percorso diventerà più economico a lungo termine. Le materie prime di base come carbone, minerale di ferro e grano, oltre a petrolio e gas naturale, sono per la maggior parte spediti su navi cargo o navi cisterna.

C’è da dire che la Cina è grande sponsor in opere infrastrutturali in via di realizzazione in lungo ed in largo per il pianeta. Certo, il commercio crescente tra la Cina e i paesi dell’America Latina necessita di una via veloce. In particolare per trasportare i barili di greggio e reindirizzare le petroliere verso rotte più orientali. Facendo così la linguaccia al canale “americano” di Panama.

2 Risposte a “Lo zampino cinese nella geopolitica del Canale del Nicaragua”

  1. Tema intrigante, sicuramente dalla prospettiva del Nicaragua un classico esempio di opere pubbliche come motore propulsivo allo sviluppo [di cui nel nostro paese si è ampiamente dibattuto … con pochissimi casi di applicazione pratica], alla crescita e all’affrancamento socio-economico. i punti di domanda sono 2:
    -riusciranno i nostri eroi Nicaraguensi a racimolare quei quattro spiccioli di finanziamento (una quindicina di miliardi di dollari) che gli competerebbero per la realizzazione dell’opera senza compromettere lo stato delle proprie finanze in maniera definitiva? (default per intenderci)
    -avranno fatto bene i conti circa il potenziale di ritorno sull’investimento (considerando anche fattori esogeni come l’ampliamento del canale di Panama) dato che in questo genere di piani si tende, sovente, a sottostimare i costi (che in un’opera di questo tipo potrebbero schizzare davvero, a rischio di rimanere incompiuta) e sovrastimare i ricavi?
    Complimenti al post che solleva un’interessante argomento su cui ragionare. Sarebbe bello avere il parere di qualcuno ‘ferrato’ in materia.
    Ad ogni modo, siamo sicuramente in presenza di una ‘contronotizia’. ad maiora

    1. Grazie dell’apprezzamento. Secondo me, come dici tu, caro elmaridao, finiranno per lavorare anni e anni e quantità abnormi di soldi saranno investite (e speriamo non buttate). Chissà se un secondo taglio dell’istmo sarà davvero necessario, a quel punto!

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